Il mobbing rientra nell’ipotesi di illecito aquiliano?

Nell’ambito del mobbing sul luogo di lavoro, la responsabilità esclusiva di un altro dipendente che si trova potenzialmente in una posizione gerarchica superiore rispetto alla vittima è regolata dall'articolo 2043 del Codice Civile anziché dall'articolo 2087. Il dipendente, infatti, è considerato come un terzo nella dinamica lavorativa, e, di conseguenza, la prova della responsabilità deve essere fornita rispettando le disposizioni in materia di illeciti aquiliani.

Il mobbing rientra nell’ipotesi di illecito aquiliano?

La sentenza della Cassazione esaminata tratta il tema del mobbing sul posto di lavoro. Nel caso in questione, il ricorrente contestava il fatto che la responsabilità per il mobbing fosse stata basata sull'articolo 2043 del Codice Civile, sostenendo che la sua responsabile presso la Pubblica Amministrazione avrebbe agito come datore di lavoro. Tuttavia, i Giudici hanno chiarito che il reclamo avrebbe dovuto essere presentato nei confronti del Ministero della Giustizia, titolare del rapporto di lavoro, giacché la funzionaria della P.A. operava attraverso l'immedesimazione organica con l'ente.

Inoltre, è stato stabilito che la responsabilità per il mobbing di un collega di lavoro non ricade nell’ambito dell’articolo 2087 del Codice Civile, bensì nell'articolo 2043, in quanto richiede la condotta dolosa del collega e la negligenza del datore di lavoro nell'assicurare un ambiente di lavoro sicuro. La Cassazione ha citato il principio secondo cui la responsabilità di un terzo dipendente che ricopre una posizione gerarchica superiore alla vittima è regolata dall'articolo 2043.

Il ricorrente criticava anche il mancato esame della richiesta di patrocinio presentata dalla P.A. all'Avvocatura dello Stato. La Corte ha affermato che i provvedimenti dell'Avvocatura dello Stato riguardo alla rappresentanza e difesa dei dipendenti pubblici non richiedono motivazioni specifiche e non sono soggetti a contestazione nel processo.

Alla luce di tali valutazioni, la Cassazione ha quindi respinto il ricorso (Cas. n. 29310 del 13 novembre 2024).

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