Nessuna condanna per l’onanismo praticato in un palazzo e davanti agli occhi del figlio piccolo
Decisivo un dettaglio: l’androne di un palazzo non è per vocazione luogo frequentato da minori

Masturbarsi, alla presenza del proprio figlio piccolo, nell’androne di un palazzo, per giunta abitato anche da ragazzini, non è condotta sufficiente per una condanna per atti osceni in luogo pubblico. Questa la clamorosa decisione dei giudici (sentenza numero 39845 del 28 ottobre 2024 della Cassazione), i quali hanno smentito completamente la condanna pronunciata in Appello a carico dell’uomo. Scenario dell’episodio è un palazzo in Sicilia. Protagonista in negativo è un uomo, beccato a masturbarsi nell’androne condominiale dello stabile, in cui vivono anche famiglie con ragazzini, e, per giunta, alla presenza del figlio piccolo, collocato nel passeggino. Inevitabile lo strascico giudiziario, con l’uomo che si ritrova condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di atti osceni in luogo pubblico, con pena fissata in quattro mesi di reclusione. In Cassazione, come detto, a sorpresa arriva la pronuncia che esclude la responsabilità penale dell’uomo. In premessa, i magistrati ricordano che, ai fini della sussistenza del reato di atti osceni, per ‘luogo abitualmente frequentato da minori’ si intende non un sito semplicemente aperto o esposto al pubblico dove si possa trovare un minore, bensì un luogo in cui, sulla base di una attendibile valutazione statistica, la presenza di più soggetti minori di età ha carattere elettivo e sistematico. Non a caso, per integrare li reato di atti osceni all’interno (o nelle immediate vicinanze) di luoghi abitualmente frequentati da minori, non si richiede l’effettiva presenza di due o più minori, ma è sufficiente che il fatto sia commesso in luoghi in cui vi sia la significativa probabilità della presenza di minori. Tornando all’episodio oggetto del processo, però, i magistrati di Cassazione annotano che in primo grado la condanna è stata basata sulla constatazione del fatto di autoerotismo commesso in presenza di minore – cioè il figlio piccolo – che si trovava nel passeggino, mentre in secondo grado si è richiamata la certezza logica che nell’androne del palazzo potessero accedere altri bambini (oltre al figlio dell’uomo sotto processo), come anche testimoniato da un titolare di un vicino esercizio commerciale che aveva dichiarato che lo stabile era frequentato da minori. Detto ciò, però, i magistrati di terzo grado forniscono una precisazione fondamentale: ciò che rileva ai fini dell’integrazione della condotta materiale del reato di atti di osceni è il contesto e per ‘luogo abitualmente frequentato da minori’ si intende non un sito semplicemente aperto, o esposto al pubblico, dove si possa trovare un minore, bensì un luogo in cui, sulla base di una attendibile valutazione statistica, la presenza di più soggetti minori di età ha carattere elettivo e sistematico. Ebbene, ragionando in questa ottica e analizzando il caso oggetto del processo, l’androne del palazzo, ove sono avvenuti i fatti, non è per vocazione luogo frequentato da minori, né rileva, in fatto, la presenza del figlio minore – dell’uomo sotto processo – a qualificare li fatto come atti osceni, né rileva la generica affermazione che nel palazzo vivano dei minori, chiariscono i magistrati, i quali aggiungono che, ove cosi non fosse, si dilaterebbe la fattispecie penale a tutti i luoghi aperti al pubblico perché luoghi potenzialmente frequentati da minori. Tirando le somme, manca il presupposto della presenza elettiva o sistemica di minori nel palazzo, e, quindi, a fronte della condotta tenuta dall’uomo e del contesto in cui essa si è concretizzata, è impossibile parlare di atti osceni in luogo pubblico.