No al ristoro che è semplicemente simbolico

Non per forza vi deve essere un ristoro integrale. Necessario, però, tenero conto dei pregiudizi che si possono verificare a danno del titolare del bene immobile colpito

No al ristoro che è semplicemente simbolico

In materia di determinazione dell’indennità per la reiterazione del vincolo espropriativo, ai proprietari ‘toccati’ da un provvedimento di reiterazione del vincolo espropriativo va riconosciuto un ristoro che deve essere non necessariamente integrale o equivalente al sacrificio, ma neppure simbolico per una serie di pregiudizi, che si possono verificare a danno del titolare del bene immobile colpito. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 25408 del 23 settembre 2024 della Cassazione) a chiusura del contenzioso tra alcuni comproprietari di un’area e un Comune. Per quanto concerne la quantificazione del ristoro, esso deve essere commisurato al mancato uso normale del bene, ovvero alla riduzione di utilizzazione, ovvero alla diminuzione del prezzo (locativo o di scambio) rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione della pubblica amministrazione che ha imposto il vincolo. Per maggiore chiarezza, poi, i giudici aggiungono che la reiterazione dei vincoli scaduti preordinati all’esproprio (o sostanzialmente espropriativi), oltre il limite temporale consentito, è riconducibile comunque ad un’attività legittima della pubblica amministrazione, la quale è tenuta a svolgere una specifica ed esaustiva indagine sulle aree incise, tenendo conto delle loro caratteristiche in concreto, al fine di determinare nell’atto medesimo, quantomeno in via presuntiva, e poi di liquidare, un indennizzo in misura non simbolica, che ripaghi il proprietario della diminuzione del valore di mercato o delle possibilità di utilizzazione dell’area rispetto agli usi o alle destinazioni ai quali essa era concretamente, o anche solo potenzialmente, vocata. A queste operazioni di accertamento deve provvedere il giudice di merito nei casi in cui la liquidazione sia omessa dalla pubblica amministrazione oppure sorgano contestazioni sulla misura dell’indennizzo liquidato in favore del proprietario. Per chiudere il cerchio, infine, i giudici aggiungono che al privato non è richiesto di fornire la prova di aver subito un danno ingiusto, competendogli un indennizzo per il sacrificio sofferto in conseguenza di un atto lecito della pubblica amministrazione, e non il risarcimento del danno conseguente ad un atto illecito.

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