Ristorante nello stabile: fondamentale l’attività di controllo del Comune
Il condominio non può pretendere che il Comune valuti le violazioni delle norme del regolamento condominiale, poiché non può sostituirsi al giudice civile

Se un condòmino è pronto, grazie a lavori ad hoc, a far partire un’attività di ristorazione nello stabile, gli altri condòmini, che si oppongono all’idea, hanno il sacrosanto diritto di chiamare in causa il Comune e spingerlo a svolgere il doveroso espletamento della attività di controllo sull'osservanza, da parte del ristorante aperto nei locali di un condòmino, delle prescrizioni intese ad assicurare la sorvegliabilità esterna ed interna, nonché l'accessibilità ai locali adibiti alla pubblica somministrazione di alimenti e bevande. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 15492 del 31 luglio 2024 del Tar Lazio), i quali aggiungono che, però, il condominio non può pretendere che il Comune valuti le violazioni delle norme del regolamento condominiale, poiché non può sostituirsi al giudice civile e il suo potere, al pari di quello esercitato in sede inibitoria, deve sempre collegarsi al riscontro di profili d'illegittimità dell'attività per contrasto con leggi, regolamenti, piani, programmi e regolamenti edilizi, mentre non può essere esercitato a tutela di diritti di terzi non riconducibili a quelli connessi con interessi di natura pubblicistica. In questa ottica, poi, bisogna tener presente, come evidenziato dai giudici, che i locali adibiti ad esercizi di somministrazione di alimenti e bevande devono rispettare i criteri di sorvegliabilità dei locali, come da ‘Regolamento’ del 1992). A questo proposito, viene chiarito che, secondo le indicazioni normative, porte e altri ingressi devono consentire l'accesso diretto dalla strada, piazza o altro luogo pubblico, e non sono utilizzati per l'accesso ad abitazioni private e non sono direttamente ed integralmente visibili dalla strada, piazza o altro luogo pubblico, anche nel caso di locali parzialmente interrati.