Il disinteresse verso la compagna non esclude il reato di maltrattamenti in famiglia
Un uomo di origini straniere è stato riconosciuto colpevole per comportamenti violenti verso la sua compagna. Tuttavia, i giudici mettono in discussione la sua espulsione, in quanto occorre considerare i nuovi legami familiari stabiliti dall'uomo in Italia

Il caso riguarda un uomo di origini straniere accusato di aver maltrattato la sua compagna, dopo la fine della loro relazione. I giudici concordano sul fatto che l'uomo è colpevole di maltrattamenti in famiglia e lesioni verso la sua convivente di allora, ma il suo difensore contesta l'accusa di maltrattamenti a causa dell'assenza di convivenza al momento dei fatti.
Il difensore argomenta che per configurare il reato di maltrattamenti in famiglia sarebbe necessaria una relazione stabile e duratura con reciproche aspettative di solidarietà e assistenza, elementi che, secondo lui, mancano nel caso in questione. Il difensore sostiene che il rapporto tra l'uomo e la donna era temporaneo e disimpegnato, senza una reale convivenza. Inoltre, le interazioni tra i due erano limitate a questioni pratiche, parlando lingue diverse. Infine, il legale sottolinea che l'unico episodio di violenza si era verificato quando la relazione era già terminata.
I giudici della Cassazione non mettono in dubbio la responsabilità penale dell'uomo, considerando anche la presenza di un figlio in comune che testimonia un legame familiare persistente: anche se la convivenza è stata breve, i maltrattamenti si sono protratti in modo sistemico.
La questione principale riguarda però l'applicazione della misura di sicurezza dell'espulsione dall'Italia: i giudici sottolineano che la decisione implica una valutazione accurata della pericolosità sociale dell'imputato. Tale misura non era stata originariamente applicata, pertanto deve ritenersi implicita la valutazione negativa in ordine alla pericolosità del condannato. Infine, i giudici sottolineano l'importanza di bilanciare la sicurezza pubblica con il diritto alla vita familiare, considerando anche l'effetto riabilitativo del nucleo familiare: la nuova situazione dell'imputato, incluso il rapporto con una nuova compagna e un figlio, richiede quindi una rivalutazione della misura dell’espulsione (Cass. n. 26177 del 3 luglio 2024).