Stop al divieto di pubblicità delle farmacie
‘Censurata’ una legge in vigore in Polonia, legge che vieta, a pena di un’ammenda, la pubblicità delle farmacie, dei punti vendita farmaceutici e delle loro attività

Stop, alla luce del diritto dell’Unione Europea, alla possibilità che uno Stato vieti sul proprio territorio la pubblicità delle farmacie. Questo il paletto fissato dai giudici (sentenza del 19 giugno 2025 della Corte di giustizia dell’Unione Europea), i quali hanno perciò sancito l’illegittimità del divieto, in vigore in Polonia da ormai tredici anni, imposto alla pubblicità delle farmacie.
In sostanza, una legge polacca, entrata in vigore nel 2012, vieta, a pena di un’ammenda, la pubblicità delle farmacie, dei punti vendita farmaceutici e delle loro attività. Secondo tale legge, le farmacie possono comunicare al pubblico solo limitate informazioni sulla loro ubicazione e sugli orari di apertura.
Considerando tale divieto come contrario al diritto dell’Unione Europea, la Commissione Europea ha agito contro la Polonia. E per i giudici è evidente l’abuso compiuto dalla Polonia, venuta meno agli obblighi su di essa incombenti in forza del diritto dell’Unione Europea.
Per maggiore chiarezza i giudici partono da un punto fermo: la direttiva europea sul commercio elettronico consente a chiunque esercita una professione regolamentata, come i farmacisti in Polonia, di utilizzare comunicazioni commerciali online al fine di promuovere le proprie attività. Sebbene il contenuto e la forma di tale tipo di comunicazioni debbano rispettare talune regole professionali, queste ultime non possono condurre ad un divieto generale e assoluto di qualsiasi pubblicità, come verificatosi in Polonia. E la circostanza che tale divieto si applichi solo ai farmacisti che lavorano in una farmacia (ossia più di due terzi dei farmacisti in Polonia) non cambia la situazione, precisano i giudici.
La direttiva europea consente a tutti i farmacisti di fare la propria pubblicità. Di conseguenza, tale possibilità non può essere elusa da divieti che riguardano unicamente alcuni di loro o alcune delle attività che esercitano.
Il divieto fissato in Polonia pregiudica, altresì, la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento, relativamente alle forme di pubblicità non contemplate dalla direttiva europea. Infatti, tale divieto limita la possibilità per i farmacisti, in particolare quali stabiliti in altri Stati, di farsi conoscere presso la loro potenziale clientela e di promuovere i servizi che si propongono di offrire. Parimenti, il divieto rende l’accesso al mercato più difficile per le persone che intendono aprire una farmacia in Polonia, in particolare quando sono stabilite in altri Stati.
Per chiudere il cerchio, i giudici aggiungono un ulteriore dettaglio: la Polonia non ha dimostrato che la restrizione di queste due libertà fondamentali potesse essere giustificata dalla tutela della salute pubblica, più precisamente dalla lotta contro il consumo eccessivo di medicinali e dalla salvaguardia dell’indipendenza professionale dei farmacisti.