Trattamento delle acque reflue urbane: nuove sanzioni pecuniarie per l’Italia

Non rispettata la direttiva concernente il trattamento delle acque reflue, direttiva che mira a proteggere la salute umana e l’ambiente, imponendo la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente

Trattamento delle acque reflue urbane: nuove sanzioni pecuniarie per l’Italia

Trattamento delle acque reflue urbane: sanzioni pecuniarie all’Italia, colpevole per il mancato rispetto degli obblighi in materia di raccolta e trattamento in relazione a quattro differenti agglomerati. Questa la posizione assunta dai giudici (sentenza del 27 marzo 2025 della Corte di giustizia dell’Unione Europea), alla luce della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue, direttiva che mira a proteggere la salute umana e l’ambiente, imponendo la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente. Per l’Italia, comunque, è l’ulteriore certificazione di un comportamento superficiale. Già nell’aprile del 2014, difatti, i giudici comunitari avevano censurato l’Italia, colpevole di non avere dato esecuzione a tale direttiva in tutto il suo territorio, nella misura in cui, in ben quarantuno agglomerati, le acque reflue urbane non erano correttamente raccolte né trattate. Secondo quanto appurato dalla Commissione Europea, oltre venti anni dopo la scadenza dei termini di recepimento previsti dalla direttiva e nove anni dopo la sentenza del 2014, l’Italia non si è ancora pienamente conformata con riferimento a cinque agglomerati – Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini, Trappeto (Sicilia) e Courmayeur (Valle d’Aosta) – e si è resa ancora colpevole di un palese inadempimento punibile con sanzioni pecuniarie. Le contestazioni mosse dalla Commissione Europea sono ritenute evidenti dai giudici, i quali constatano che, in relazione agli indicati cinque agglomerati, l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2014 al fine di ottemperare agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva, e che, con riferimento a quattro agglomerati , tale inadempimento persiste ancora alla fine di novembre del 2024). Consequenziale, quindi, la condanna dell’Italia, obbligata a pagare una somma forfettaria di 10milion di euro e una penalità di oltre 13milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi al provvedimento risalente al 2014. Nel fissare l’importo delle sanzioni pecuniarie, comunque, i giudici hanno tenuto conto della gravità dell’infrazione, della sua durata e della capacità finanziaria dello Stato italiano. In particolare, i giudici sottolineano che l’assenza di trattamento delle acque reflue urbane costituisce un danno all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave. Sebbene il danno ambientale sia diminuito grazie alla riduzione significativa del numero di agglomerati, che sono passati da quarantuno nel 2014 a quattro oggi, un pregiudizio all’ambiente, seppur minore, tuttavia persiste, tanto più grave se si considera che i quattro agglomerati non conformi scaricano le loro acque reflue in aree sensibili. Inoltre, la mancata esecuzione della sentenza del 2014 perdura da circa undici anni, e ciò costituisce, secondo i giudici, una durata eccessiva, sebbene occorra tener conto del periodo significativo di diversi anni necessario per i lavori infrastrutturali.

news più recenti

Mostra di più...