Ciascun condomino può agire contro il fallimento per rivendicare i beni comuni

La Cassazione ha chiarito i singoli condomini possono agire e resistere in giudizio a tutela dei propri diritti di comproprietario "pro quota" sui beni comuni dell’edificio condominiale.

Ciascun condomino può agire contro il fallimento per rivendicare i beni comuni

A seguito del fallimento di una società, un Condominio, nella persona del suo amministratore, ha proposto azione di rivendica o restituzione di alcuni beni immobili acquisiti al passivo fallimentare della società. La domanda veniva però respinta dal giudice delegato al fallimento per carenza di legittimazione attiva dell’amministratore di condominio, decisione confermata poi anche dal Tribunale in sede di opposizione allo stato passivo, presentata sia dall’amministratore che da alcuni condomini. Quest’ultimi hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso affermando che «l'amministratore di condominio può esperire l'azione di rivendicazione di cui all'art. 103 l. fall. contro la procedura di liquidazione giudiziale diretta ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed alla restituzione di parti comuni, sia pure, trattandosi di azione che esula dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 n. 4 c.c.), previa necessaria autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131 comma 1, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 4, dello stesso codice».

Inoltre, «allorché l'amministratore di condominio abbia proposto l'azione di rivendicazione delle cose comuni senza la preventiva necessaria autorizzazione dell'assemblea, quest'ultima può comunque ratificarne l'operato e sanare retroattivamente la costituzione processuale, dovendo a tal fine il giudice assegnare il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza».

Ciò posto, resta fermo che nel giudizio di rivendicazione fallimentare volto ad ottenere la restituzione di parti comuni dell'edificio condominiale, ciascun condomino ha un'autonoma legittimazione individuale – concorrente ed alternativa rispetto a quella dell'amministratore – e può quindi agire e resistere in giudizio a tutela dei suoi diritti di comproprietario "pro quota". È dunque ammissibile l'opposizione dei condomini che, pur non avendo proposto distinte domande nel procedimento di verificazione dello stato passivo, intendano evitare gli effetti sfavorevoli del decreto pronunciato nei confronti del condominio dalla procedura fallimentare (Cass. Civ. sez. II, 1 luglio 2024, n. 18003).

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