Colpevoli i medici che temporeggiano e operano in ritardo
Confermato il diritto dei familiari di una donna deceduta in ospedale a percepire un adeguato ristoro economico per gli errori compiuti dai medici

Confermato il diritto dei familiari di una donna deceduta in ospedale a percepire un adeguato ristoro economico per gli errori compiuti dai medici PARAGRAFO: Risarcimento sacrosanto per i familiari della donna morta a causa del ritardo con cui i medici l’hanno sottoposta ad una necessaria operazione chirurgica. A fare chiarezza hanno provveduto i giudici (sentenza del 4 giugno 2024 del Tribunale di Pescara), evidenziando gli errori compiuti dai medici di un ospedale e riconoscendo perciò la responsabilità dell’azienda sanitaria. All’origine della vicenda c’è la corsa al ‘Pronto Soccorso’ compiuta da una donna, di oltre 60 anni, colpita da dolori addominali acuti e febbre. L’accesso avviene in ‘codice giallo’ e, dopo alcuni esami clinici, le vien diagnosticata una diverticolite, con sospetta microperforazione intestinale. Nonostante la gravità della situazione, però, la paziente viene ricoverata in ‘Chirurgia’ senza che l’operazione venisse eseguita tempestivamente, mentre i primi trattamenti medici vengono limitati alla somministrazione di antibiotici e al monitoraggio delle condizioni della donna. Col passare dei giorni, però, il quadro clinico peggiora in modo severo: la donna sviluppa una sepsi e una grave insufficienza renale, situazione che richiede un’emodialisi. Intanto, un consulente nefrologico suggerisce la modifica della terapia farmacologica, ma l’approccio dei medici è sempre attendista. Solo alcuni giorni dopo, però, la paziente viene sottoposta a un intervento chirurgico di drenaggio laparoscopico, ma l’operazione arriva quando è tardi. Le condizioni della donna sono ormai critiche e l’intervento si rivela intempestivo, portando infine al decesso della paziente, decesso causato da uno shock settico irreversibile. Per i giudici, come per i familiari della donna morta, è evidente la fatale decisività del ritardo nell’esecuzione dell’operazione chirurgica, ritardo catalogabile come errore che, peraltro, ha avuto purtroppo conseguenze irreversibili. Nello specifico, i medici della struttura ospedaliera hanno preso tempo, optando per una terapia conservativa, nonostante gli esami avessero evidenziato una condizione grave, ossia un’infezione addominale con annesso il rischio di perforazione intestinale. Secondo le linee guida mediche, l’operazione avrebbe dovuto essere eseguita entro pochi giorni dal ricovero, proprio per evitare complicanze, mentre invece è è stata effettuata solo dopo una settimana, quando il quadro clinico della paziente era ormai critico. Questo ritardo è valutato dai giudici come determinante nell’aver causato il rapido deterioramento delle condizioni della paziente, conducendola poi al decesso. In sostanza, la condotta attendista dei medici ha consentito all’infezione di diffondersi e ha compromesso le possibilità di guarigione della paziente. Difatti, se l’intervento fosse stato eseguito in tempo e secondo le buone prassi mediche, il decesso si sarebbe potuto evitare, chiosano i giudici, e la paziente avrebbe potuto affrontare il percorso di guarigione con lievi postumi chirurgici.