Il matrimonio “in prova” non legittima il risarcimento del danno

E’ valido l’appello notificato in forma telematica, nonostante il difensore si sia costituito nel giudizio secondo le tradizionali forme cartacee, depositando copie analogiche di documenti nativi digitali.

Il matrimonio “in prova” non legittima il risarcimento del danno

Il matrimonio tra due coniugi è arrivato al termine dopo soli centottanta giorni. Sei mesi dopo le nozze infatti, la donna ha richiesto e ottenuto la nullità del matrimonio presso un Tribunale ecclesiastico, ammettendo di aver sposato l'uomo con l'intenzione di fare una prova nel matrimonio per verificare la tenuta dell'unione, un'informazione non condivisa con il marito prima della causa per l'annullamento religioso.

Il marito ha reagito citando la moglie in giudizio per ottenere un risarcimento, sostenendo che la donna lo avesse tenuto allo scuro delle sue reali intenzioni.

Tuttavia, la richieste risarcitoria dell'uomo è stata respinta sia in primo che in secondo grado dai giudici. Essi hanno sottolineato che la causa di invalidità del matrimonio religioso non è rilevante per l'ordinamento giuridico italiano, rendendo quindi infondata la pretesa dell'uomo.

I giudici hanno chiarito che nel matrimonio, a differenza di un contratto, sono in gioco diritti personali fondamentali che comprendono la libertà di scelta. La mancanza di comunicazione da parte della donna riguardo ai suoi dubbi sulla durata del matrimonio non costituisce un obbligo giuridico violato. Da qui, la mancata accettazione della richiesta di risarcimento.

Anche la Corte di Cassazione ha respinto definitivamente la richiesta, stabilendo che l'omissione della donna non costituisce un comportamento lesivo, giuridicamente rilevante. La libertà matrimoniale è sancita come un diritto fondamentale, e la mancanza di comunicazione da parte di uno dei coniugi non implica un danno ingiusto meritevole di risarcimento.

In conclusione, le azioni e le intenzioni dei coniugi all'interno della loro unione non possono configurarsi come causa di responsabilità risarcitoria, così da garantire e rispettare le libertà individuali e personali legate al matrimonio senza dover sottostare a obblighi giuridici di comunicazione sulle intenzioni matrimoniali.

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