Risarcimento danni per vaccini facoltativi senza consenso informato
In caso di vaccinazioni non obbligatorie, la Suprema Corte ha precisato che in assenza di un consenso informato valido da parte dei pazienti, l'azienda sanitaria locale è tenuta a pagare un risarcimento dei danni. Questo perché, se i pazienti fossero stati adeguatamente informati sui potenziali rischi, avrebbero potuto scegliere di non procedere con la vaccinazione

La Corte Suprema, con una recente sentenza, ha confermato la decisione di obbligare un'azienda sanitaria locale a pagare un risarcimento di 10.000 euro ai parenti di un neonato che è stato sottoposto a una vaccinazione facoltativa senza che fosse stato ottenuto un consenso informato adeguato.
I genitori del bambino avevano richiesto un risarcimento per i danni subiti, sostenendo che non sia stato ottenuto un consenso informato valido e che il bambino abbia subito danni significativi a causa del vaccino. Dopo aver visto respinta la loro richiesta in prima istanza e parzialmente accolta in appello, i genitori hanno deciso di ricorrere in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello avesse accolto solo la loro richiesta relativa al consenso informato e non quella riguardante il risarcimento dei danni materiali e morali subiti dal bambino, dai genitori e dalla sorella, poiché la malattia aveva causato un notevole sconvolgimento alla vita familiare.
Il ricorso presentato è stato respinto integralmente. La Corte Suprema ha considerato che la Corte d'Appello aveva correttamente evidenziato che la struttura sanitaria locale aveva fornito informazioni insufficienti sui potenziali rischi derivanti dalla vaccinazione, ma non aveva ritenuto provato il collegamento causale tra l'amministrazione del vaccino e tutti i problemi fisici e psicofisici che il neonato aveva manifestato poco dopo. Si è stabilito che, secondo le prove scientifiche più attendibili, non esiste alcuna correlazione causale tra il vaccino e lo sviluppo dell'autismo, come sostenuto dai genitori.
In conclusione, la Corte Suprema ha confermato che, sebbene ci fossero criticità nel consenso informato fornito dall'azienda sanitaria, non è stata dimostrata una relazione diretta tra il vaccino somministrato e i problemi riscontrati dal neonato (Cas. n. 28691 del 7 novembre 2024).