Stop alla commissione di massimo scoperto calcolata sulle somme utilizzate dal cliente della banca

La commissione di massimo scoperto ha idonea causa giustificatrice solo qualora sia prevista come corrispettivo per la messa a disposizione delle somme del fido e sia, pertanto, calcolata sull’importo accordato e non utilizzato.

Stop alla commissione di massimo scoperto calcolata sulle somme utilizzate dal cliente della banca

Stop alla commissione di massimo scoperto applicata ad un fido bancario e calcolata sulle somme utilizzate dal cliente dell’istituto di credito. Netta presa di posizione pro consumatore dei giudici (sentenza del 2 ottobre 2024 del Tribunale di Teramo), i quali hanno condannato una banca a restituire al cliente quanto illegittimamente sottrattogli a titolo di commissione di massimo scoperto, a fronte di una clausola valutata come palesemente illegittima. In premessa viene ribadito che la commissione di massimo scoperto è quel corrispettivo che il cliente è tenuto a versare all’istituto di credito, a titolo di rimborso, per la messa a disposizione di liquidità per coprire lo scoperto del conto corrente. Su questa tematica va tenuto ben fermo il principio secondo cui, con riferimento al periodo antecedente il 2009, la commissione di massimo scoperto ha idonea causa giustificatrice solo qualora sia prevista come corrispettivo per la messa a disposizione delle somme del fido e sia, pertanto, calcolata sull’importo accordato e non utilizzato. Per contro, quindi, la commissione di massimo scoperto deve essere ritenuta priva di causa laddove calcolata sulle somme in concreto utilizzate dal correntista. Tornando alla vicenda presa in esame, il cliente ha lamentato l’applicazione di una commissione di massimo scoperto in assenza di una chiara pattuizione scritta sul punto, e i giudici gli hanno dato ragione, sancendo la nullità delle clausole relative alla commissione di massimo scoperto. In punto di diritto viene rilevato che, nella tecnica bancaria, la commissione di massimo scoperto – tradizionalmente introdotta con una pattuizione accessoria ai contratti di affidamento in conto corrente – era una commissione riconosciuta dal cliente alla banca a fronte dell’impegno di quest’ultima di tenere a sua disposizione l’importo oggetto dell’affidamento. Tuttavia, nel corso degli anni, tale commissione è stata talvolta applicata anche in maniera diversa rispetto alla sua originaria funzione, non tenendo conto dell’ammontare dei fondi messi a disposizione del cliente, utilizzati o non utilizzati, ma dell’esposizione debitoria massima concretamente raggiunta dal cliente in un determinato periodo di riferimento, solitamente trimestrale, non atteggiandosi quindi a controprestazione di quanto erogato dalla banca al cliente per il periodo di utilizzo dell’affidamento, ma neppure a remunerazione della tenuta a disposizione del cliente di somme da parte della banca. A fronte del quadro normativo, si deve ritenere che – con riferimento al periodo antecedente il 2009 – la commissione di massimo scoperto abbia un’idonea causa giustificatrice solo qualora sia prevista come corrispettivo per la messa a disposizione delle somme del fido e sia, pertanto, calcolata sull’importo accordato e non utilizzato. Ciò perché la commissione di massimo scoperto rappresenta la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, essendo diretta a riequilibrare i costi sostenuti dalla banca per approvvigionarsi del denaro che sarebbe stato concesso alla clientela. Invece, la commissione di massimo scoperto deve essere ritenuta priva di causa laddove calcolata sulle somme in concreto utilizzate dal correntista. Difatti, appare legittimo che i contratti di apertura di credito prevedano la commissione di massimo scoperto come una remunerazione della messa a disposizione di un importo da parte della banca, nella misura in cui detta somma non sia utilizzata: trattasi, invero, di una prestazione dell’istituto di credito che ha (a prescindere dal suo ammontare) un costo per lo stesso, segnatamente nemmeno remunerato dagli interessi, generalmente calcolati solo sull’importo utilizzato se, quando e nella misura in cui si verifichi l’utilizzazione. D’altro canto, non può riconoscersi un’idonea causa giustificatrice laddove la commissione di massimo scoperto sia applicata sull’utilizzato, indifferentemente intra o extra fido. Rileva in tal senso non solo e non tanto la previsione di interessi sull’importo utilizzato (la quale già remunera la banca della concreta privazione di liquidità), ma anche e soprattutto l’atteggiarsi della commissione di massimo scoperto in dette ipotesi.

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